venerdì 11 aprile 2008

Cronache, 1458-1464: L'incontro con Andrea del Verrocchio

Utone da Comone era uomo si d'affari, ma dotato "di grande sensibilità verso l'arti tutte" come riferisce lo storico del tempo Schivenoglio. Grande stupore destarono in lui le doti del figlio Tacitorio, che amava trascorrere le proprie giornate chiuso nelle cantine della casa di Comone, "per uscirvi a sera con ogni sorta di manufatta diavoleria" come scrive il nonno Ottone nei suoi registri. Utone si convinse quindi a condurre il suo illegittimo ma amatissimo figlio presso il laboratorio di un suo cliente e amico, Andrea del Verrocchio, conosciuto nel 1952, a seguito di una rissa in cui un giovane era rimasto ucciso da un sasso scagliato dalla mano dell'artista. Il Verrocchio si era rivolto al saggio Utone che lo aveva aiutato a districarsi nelle maglie dell'implacabile giustizia dell'epoca, che lo avrebbe inesorabilmente condotto al patibolo, se non fosse stato per la scaltrezza con cui Utone era riuscito non solo a far cadere tutte le accuse, ma altresì a fare in modo che l'artista ricevesse un forte risarcimento dalla facoltosa famiglia del deceduto per il "pubblico ludibrio al quale era stata sottoposta la persona e l'arti sue". Il Maestro quindi acconsentì immediatamente all'incontro mosso dal senso di gratitudine per chi gli aveva fatto salva la vita: mai avrebbe immaginato di trovarsi al cospetto di un talento così raro.
Quello che apparve agli occhi del Verrocchio era dalla descrizione del vasari "un fanciullo di 6 anni, dallo sguardo oltremodo astuto, avvolto in un camiciotto di lino con i lembi sudici".
Tacitorio aveva portato con se numerose tavole con disegni, progetti, da mostrare al maestro, ma da una cosa in particolare questi fu oltremodo colpito:
"il giovincello recava seco sorta di scultura affigurante una coppia di pudenda umane, perfettamente discolpite".
"Orsu giovine" chiese il Verrocchio " dimmi il segreto di tale perfezione in quest'opra tua".
Tacitorio rispose "Non date merito a me maestro, di cosa di cui solo natura madre è meritevole. Codesta gessea figurazione non è altro che un calco da me stesso medesimo carpito negli attimi appena sussiquenti un convegno amoroso tra il quivi presente padre mio Utone e madre Felicia".
Ancor più ammirato Verrocchio chiamò il suo assistente, Nibelungo della Favetta:
"Presto Nibelungo, riponi questa maraviglia nel forziere!"
Si dice che Nibelungo osservò attentamente il manufatto prima di rivolgersi al sommo:
"Ma maestro...nel forziere? Scusate l'ardire, ma si tratta delle sudicie vergogne di due indecorosi peccatori"
Verrocchio tuonò:
"Taci miserabile! Come osi ergerti a giudice dell'arte, tu, oh empio essere, incapace di decernere financo uno sterco immergendovi le tue sozze membra!!!!"

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